lunedì 21 aprile 2014

I SEI SERMONI - George Storrs 1856

QUARTO SERMONE

N. B. - Questa è solo la parte iniziale del quarto sermone. La traduzione completa del SEI SERMONI è disponibile sul sito di AZZURRA 7 Editrice


“Accertatevi di ogni cosa; attenetevi a ciò che è eccellente”. – 1 Tess. 5:21.

Accertarsi, nel senso dato dal versetto e secondo la mia opinione, significa dimostrare, mettere alla prova. L’apostolo era molto lontano dall’adottare la teoria di alcuni dei nostri giorni, che sembrano pensare che un uomo è evidentemente un eretico se ha la presunzione di esaminare per conto proprio e con riguardo alla verità quelle teorie che altri che hanno la reputazione di essere saggi e religiosi, hanno battezzato come autentica fede. Essi possono aver visto la fede chiaramente oppure no, ma in ambedue i casi non siamo esentati dall’obbligo di accertarci personalmente di ogni cosa. Se non lo facessimo saremmo quasi degli stupidi; noi stessi in realtà ci renderemmo in quel modo, se senza investigazione, prendessimo per verità le opinioni di uomini imperfetti. 

In realtà non dovremmo disprezzare l’aiuto durante le nostre investigazioni; ma ogni cosa dev’essere messa alla prova dell’infallibile parola di Dio.

Né dobbiamo permettere a noi stessi, come invece alcuni affermano, di esercitare fede cieca in una dottrina nonostante che essa sia contraria alla ragione. La ragione, è vero, senza un aiuto non può farci scoprire Dio, né le cose di Dio. Per questo motivo Dio ha avuto piacere di darci una rivelazione; e quella rivelazione va in soccorso della ragione dell’uomo, cioè lo aiuta a comprendere.
Parlare di una credenza che è contraria alla ragione, è la più completa follia. È possibile per un uomo credere che due più due faccia sei? O che cose ineguali siano perfettamente uguali? Proporre queste assurdità come credenze significa tentare di annullare tutte le prove di verità, e lasciare un uomo a girovagare nei labirinti delle congetture. Noi a stento sapremmo a chi mostrare pietà, se all’uomo che opera in tal modo, o a coloro che ne sono ingannati.

Il fatto è che Dio fa appello alla ragione umana. “Venite, ora, e mettiamo le cose a posto fra noi, dice Geova”. I discepoli conversavano e ragionavano fra di loro. (Luca 24:15) In Atti 17:2 ci vien detto che: “Paolo entrò da loro e per tre sabati ragionò con loro attingendo dalle Scritture” e in Atti 18:4 leggiamo: “Ogni sabato pronunciava un discorso nella sinagoga e persuadeva giudei e greci”. Davanti al procuratore romano Felice, Paolo ragionò  con lui finché si spaventò.

Possiamo quindi essere certi che Dio ci ha dato la capacità di ragionare affinché ne facessimo uso, e ci vien raccomandato di essere pronti a dare una ragione della speranza che è in noi.

Ci possono essere molte verità che la ragione da sola non può mai scoprire; da ciò la necessità di una rivelazione; ma la rivelazione non può contenere nulla che sia contrario alla ragione; una cosa contraria alla ragione, lo ripeto, non sarebbe per nulla una rivelazione, ma tenebre e oscurità essa stessa. La ragione quindi occupa un posto importante. È sua competenza giudicare la veracità di ciò che vien dichiarato essere una rivelazione; se quella pretesa rivelazione è palesemente contraria alla ragione, nessun uomo potrebbe dargli credito se non uno completamente fanatico. Ma sarebbe un confondere la verità con la falsità e si porterebbe via tutta la capacità di distinguere fra le due cose.