giovedì 17 luglio 2014

1877 - L’OBIETTIVO E LA MANIERA DEL RITORNO DEL NOSTRO SIGNORE - 2

. . . Continuazione del post precedente

Alla morte di Gesù avviene un altro cambiamento. La Legge finisce. Dio pose fine alla Legge, “inchiodandola sulla croce” e introducendo una nuova dispensazione, il vangelo della grazia sotto la legge dello Spirito. Questo non è ristretto a una sola nazione, come accadeva per la legge, ma accessibile a tutti, per essere “predicato per tutto il mondo, onde ne sia resa testimonianza” prima che quest’età finisca (Matt. 24:14). Ma sebbene possiamo esserne inconsapevoli mentre la presentiamo a tutte le persone, Dio ha guidato e diretto il suo corso. Sotto tale direzione, noi dell’Europa e dell’America, siamo stati maggiormente favoriti degli abitanti di altre parti della terra. Perché la luce di verità e salvezza, partì dal nostro Signore e dai suoi apostoli in Palestina, viaggiando a nord e occidente attraverso l’Europa e l’America, piuttosto che a sud e oriente attraverso l’Africa e l’Asia? È accaduto così per caso? Oh no! Il nostro Padre è al comando; non guida Egli la sua verità?
Vero, ora la Bibbia è stampata nelle lingue di ogni nazione. Ora è stata “predicata in tutto il mondo” (non a tutti i singoli individui), e possiamo anche dire che è stato compiuto durante il secolo presente. Eppure oggi, quattro persone su cinque degli abitanti della terra non sanno che Gesù morì per loro. Ecco qui un senso in cui Dio sta anche oggi eleggendo. Ha eletto di mandare il vangelo a voi e a me e ai nostri padri. Ma, potrebbe dire qualcuno, Dio non opera per mezzo dell’opera di altri? Si, Egli ha voluto che il suo popolo si mettesse all’opera anche con quel denaro e capacità che così liberamente ci ha donato, in modo che possiamo, per mezzo di missioni che Egli benedirà, avere il privilegio di essere suoi collaboratori.
A gran parte di questo noi possiamo profondamente assentire. Crediamo che per mezzo di noi Dio stia operando: che si compiace del nostro zelo messo al suo servizio. Ma noi non possiamo per un solo momento supporre che il benessere eterno di quattro quinti della famiglia umana dipenda unicamente dallo zelo e liberalità dell’altro quinto. No! No!! Il Dio d’amore non sperimenta a spese dell’eterna felicità della gran parte delle sue creature.
Vediamo quindi, che in un certo senso Dio ha finora eletto la chiesa. Ma perché? Egli deve avere un proposito e un obiettivo nel fare così. Dio ha un piano, e senza dubbio è più grande e nobile di qualsiasi altro mai concepito dal cuore dell’uomo. Cosa dicono le Scritture?
Dicono che il piano di Dio è dichiarato in una frase nella promessa fatta ad Abraamo: “In te e nel tuo seme tutte le famiglie della terra saranno benedette”. Paolo, in un ispirato commento su questa promessa, afferma: “Non dice ai semi come se si trattasse di molti; ma come parlando di uno solo, al tuo seme, ch’è Cristo” (Gal. 3:16). È a Gesù Cristo singolarmente che si riferisce come al seme? No: riferendosi alla promessa fatta originariamente ad Abraamo l’apostolo continua al versetto 29 dicendo: “Se [voi la chiesa] siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abramo; eredi, secondo la promessa”. Comprendiamo quindi che quando Dio parlava ad Abraamo ci aveva incluso nel suo piano. Non si parla solo di Cristo Gesù, che è il capo di  questo seme, ma anche di coloro che sono di Cristo – il piccolo gregge – descritti come membra del corpo. Questo unico seme sarà completo solo quando l’ultimo membro di quel corpo sarà reso perfetto. Questo pensiero è espresso in tutte le epistole in cui Cristo è descritto come il capo del corpo, che è la chiesa (Col. 1:18; Ef. 4:12; 5:25-32; 1 Cor. 12:12,27; Rom. 12:5; ecc.) L’illustrazione è sviluppata ulteriormente. Noi, che siamo suoi discepoli, veniamo descritti nell’atto di completare quello che mancava alle sofferenze del Cristo (Col. 1:24; 2 Cor. 1:5; 2 Tim. 2:10). E abbiamo la promessa “che se soffriamo con lui, regneremo anche con lui”.
La promessa, secondo cui noi siamo eredi, ci dice che quando questo seme sarà completato, tutte le nazioni saranno benedette in esso. La promessa fatta al tempo dell’Eden che il seme della donna avrebbe schiacciato la testa del serpente, annientato il male e il peccato, è un’altra di cui noi siamo eredi associati. Ma Gesù non schiacciò Satana quando morì? No; la morte di Cristo e la conseguente persecuzione della chiesa significarono “lo schiacciamento del calcagno”. Paolo disse: “Satana sarà presto schiacciato sotto i piedi della chiesa,” – chiesa composta sia dalla testa che dal corpo (Rom. 16:20). Ancora lo stesso pensiero è espresso con l’illustrazione de
la Sposa e lo sposo
La chiesa è rappresentata come una casta Vergine promessa in sposa a Cristo ( 2 Cor. 11:2). In quanto tali siamo ora promessi in sposi, e abbiamo ricevuto il suggello di quella promessa – i primi frutti dello Spirito. Non sposati, non sposa già, ma spettando e desiderando ardentemente l’unione con lo sposo. Quando egli andò via disse: “Tornerò e v’accoglierò presso di me”. Lo espresse nella parabola delle “Dieci Vergini”. Quando “lo Sposo venne, quelle che erano pronte entrarono con lui in matrimonio”. Là e allora inizieremo la piena realizzazione delle “cose che Dio ha riservato per coloro che lo amano”.
Tutti, supponiamo, sono d’accordo con noi, quando diciamo, che non ha importanza quanta immensa gioia abbiamo prima della risurrezione, perché certamente aspetteremo fino ad allora per afferrarne la piena misura: Tutta la chiesa o il corpo sarà completato prima che le finali ricompense siano date. Perciò, quando rammenta gli antichi degni, l’Apostolo dice: “non ottennero quello ch’era stato promesso . . .  ond’essi non giungessero alla perfezione senza di noi” (Eb. 11:39, 40). E di se stesso, quando stava per morire, disse: “Io ho combattuto il buon combattimento . . . mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” (2 Tim. 4:8). Vero, noi ora abbiamo e gioiamo di molte benedizioni in Cristo. Ora noi abbiamo la pace che il mondo non può mai dare né portare via. Ma tutto questo non è che un assaggio; il valore della gloria va oltre. Noi ora, in un certo senso, abbiamo iniziato il nostro ufficio, come re e sacerdoti, vincendo su noi stessi e sulla concupiscenza della carne, e “offrendo sacrifici spirituali a Dio”; ma è solo nello stesso senso che di noi viene anche detto che siamo risorti con Cristo, e sediamo con Lui in luoghi celesti. Grazie alla fede nelle sue promesse noi anticipiamo la gloria e il resto che deve ancora adempiersi; e sebbene ridotti alle strette da sofferenze e guai della vita, abbiamo una pace che il mondo non conosce.
Quando il Signore promette, dicendo: “A chi vince concederò di sedere con me sul mio trono”, e “A chi vince e persevera nelle mie opere sino alla fine, darò potere sulle nazioni”, intende dire proprio così? Deve egli “sedere sul trono della sua gloria?” Eserciterà il suo gran potere e regnerà sulle nazioni? Certo. La sua parola non può fallire; ci sarà un regno reale sulle nazioni governato da noi (la chiesa) e da Gesù. Dio diede “Cristo per essere il capo del corpo”, e “Colui che ci ha dato liberamente Cristo, non ci darà liberamente insieme a lui anche tutte le cose?” Si, in verità, fratelli, non abbiamo ancora conseguito “la nostra alta  chiamata che è di Dio in Cristo Gesù”. Noi siamo chiamati ‘la figliolanza di Dio’, e non solo per appartenere a lui, ma per essere anche eredi associati a Gesù Cristo nostro Signore. Questa è la piccola compagnia che Dio previde in Eden, mediante la quale fra breve egli schiaccerà Satana e “benedirà tutte le famiglie della terra”. È questa compagnia di cui parla dicendo “Dio ha visitato i Gentili per prendere fra loro un popolo per il suo nome”. Noi siamo la Vergine, che presto riceverà il nome del nostro Signore, “un nuovo nome scritto che nessun uomo conosce tranne colui che lo riceve”.
È per loro che Gesù pregò: “Non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dato” e “non solo per questi, ma anche per tutti quelli che crederanno in me per mezzo della loro parola” “affinché siano tutti uno, come tu, Padre, sei unito a me ed io sono unito a te, anche loro siano uniti a noi” (Giov. 17). Questa unione e unità il Signore non l’aspettava per il tempo presente. Egli ci dice che è venuto per portare la divisione. Conseguentemente non è deluso né impedito nei suoi piani. Nella parabola del grano e delle zizzanie, ci dice che il nemico avrebbe seminato le zizzanie in mezzo al grano, e questi due sembrano così uguali che non possono essere separarli. “Lasciateli crescere insieme fino alla mietitura – la mietitura è la fine del mondo” [aion, cioè età] allora li separerà per mezzo degli angeli.
Inoltre, poiché Gesù dice: “Il Padre mi ascolta sempre”, potremmo sapere che in un certo tempo tutti noi saremo uno in lui. Quando? Alla risurrezione, quando saremo uniti al nostro capo, divenendo un “unico seme”, al matrimonio quando saremo uniti allo Sposo e diventeremo uno. Ma sebbene questa preghiera fosse principalmente per la chiesa, Gesù amava anche il mondo intero. Si, egli morì per il mondo, e coloro che lo abitano hanno un posto in questa preghiera. Ma notate dove. Egli prega prima per la chiesa, affinché coloro che la compongono possano essere uno in Lui; quindi l’oggetto dell’unione è “che il mondo possa credere”. Ma la credenza del mondo e la preghiera affinché ciò avvenga, avvengono dopo il matrimonio della casta Vergine. Per questo matrimonio “noi, che abbiamo le primizie dello spirito, anche noi stessi gemiamo in noi medesimi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo”;  questo unico corpo di cui ognuno di noi è membro.
     Quando noi (la chiesa del vangelo) saremo redenti, il piano di Dio sarà stato completato? No. Sarà solo l’inizio. C’è un piano più grande e nobile. Non solo noi gemiamo per il compimento del matrimonio, ma abbiamo visto dalla preghiera del nostro Signore che il mondo ha un posto in esso, e Paolo positivamente afferma che: “tutta la creazione geme insieme ed è in travaglio”. Cosa stanno aspettando? Certamente non quello che aspettiamo noi. Non si aspettano di far parte del corpo. No: “la creazione con brama intensa aspetta la manifestazione dei figliuoli di Dio” (Rom. 8:19). Non del Figlio di Dio, ma dei figli. “Diletti, ora siamo figli di Dio”.
Quale interesse ha il mondo nella nostra manifestazione o risplendore? Semplicemente questo: Che finché non saremo manifestati, sebbene siamo già “la luce del mondo”, e il mondo è benedetto da questa luce, come è scritto “così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”, tanto più il mondo sarà benedetto quando “risplenderemo come il sole nel regno”, quando saremo separati dal mondo e dalle zizzanie durante la mietitura (Matteo 13:43). Se ora siamo una benedizione per il mondo come portatori di luce, per quanto povera e debole spesso sia questa luce, perché dovremmo sorprenderci se la speranza del mondo è che la chiesa risplenda pienamente? Paolo ci dice il motivo per cui le persone del mondo aspettano e gemono per la nostra manifestazione: “La creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio”. Questo significa che quando la chiesa sarà stata liberata dalla condizione attuale di schiavitù alla corruzione (soggetta alla morte), allora il mondo in gran parte avrà una medesima opportunità, perché l’obiettivo è che “il mondo possa credere” affinché possano “entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio”. Saranno figli, ma non coeredi. Questa sarà la sola distinzione tra loro e noi che siamo la chiesa del vangelo.
Dio ama tutte le sue creature, non perché noi amiamo lui, ma per pura benevolenza. “Dio amò così tanto il mondo” mentre noi eravamo ancora peccatori. Ma Egli è un Dio di ordine. Ha un piano e lo sta realizzando. Durante i passati seimila anni di storia ha predisposto preparando i mezzi mediante cui benedire il mondo. Il tempo sembra lungo a noi mortali, ma non così a lui che è dall’eternità all’eternità.
Questo “piccolo gregge” che riceve il Regno è composto da primizie delle creature di Dio ( Giac. 1:18; Riv. 14:4). Se ci sono le primizie, ci deve essere anche un raccolto più grande, altrimenti il linguaggio è privo di senso. Efesini 2:7 dichiara qual è l’obiettivo della nostra salvezza: “per mostrare nelle età a venire l’immensa ricchezza della sua grazia”. . .


Forse continua 

venerdì 11 luglio 2014

1877 - L’OBIETTIVO E LA MANIERA DEL RITORNO DEL NOSTRO SIGNORE


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di C. T. RUSSELL
PITTSBURGH, PA.
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“Badate a voi stessi, che talora i vostri cuori non siano aggravati . . . . dalle ansiose sollecitudini di questa vita, e che quel giorno non vi venga addosso all’improvviso come un laccio”. – Luca 21:34

ROCHESTER, N. Y. UFFICIO DELL’ARALDO DEL MATTINO 1877

IL RITORNO DEL NOSTRO SIGNORE CAPITOLO 1

L’OBIETTIVO DEL SECONDO AVVENTO

Che il nostro Signore si proponesse che noi come suoi discepoli capissimo, che per qualche scopo, in qualche maniera, e in qualche tempo, egli sarebbe ritornato, è, presumiamo, ammesso e creduto da tutti coloro che hanno familiarità con le Scritture. Ma l’obiettivo di questa sua venuta è visto da così tante differenti posizioni, e contemplato in così tanti colori, quanti sono i binocoli; e con ogni osservatore che onestamente e sinceramente desidera vedere e capire l’argomento in modo corretto. Non proveremo in queste poche pagine a dire tutto quello che può essere detto sull’argomento, ma semplicemente offriremo una descrizione di ciò che noi intendiamo saranno gli eventi e l’ordine in cui accadranno; e daremo, per quanto lo spazio ci consentirà, l’evidenza scritturale a sostegno. Nel far ciò, ci sforzeremo di esercitare cortesia cristiana quando ci riferiremo alle vedute di fratelli che differiscono dalle nostre.
Lo scrittore crede che per avere una giusta comprensione di questo argomento, è necessario avere qualche chiaro concetto del piano di Dio per la salvezza del mondo del genere umano. Se riusciremo a farlo, incontestabilmente avremo informazioni molto preziose nella considerazione del nostro argomento; poiché in quel piano, non solo il primo ma anche il secondo avvento riveste un compito importante. Ecco allora che sorge una domanda vitale, e cioè:
DIO HA UN PIANO?
Oppure, in un momento di ozio, diede forma a questo mondo e portò all’esistenza noi, sue creature, semplicemente per esercitare il suo potere creativo; completamente incurante e disinteressato di ciò che avrebbe comportato per noi quell’esistenza? Molti che amano il Signore parlano dal profondo del loro cuore di lui e delle sue opere come se fosse proprio questo il caso. Pensano alla caduta di Adamo, a causa di cui “il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo [o come risultato] del peccato v’è entrata la morte”, come a un’emergenza completamente inaspettata e inattesa dal Creatore.
Ciò naturalmente considera la salvezza provveduta tramite il nostro Signore Gesù Cristo come un pensiero successivo. Dio, essendo stato frustrato da un agente della sua stessa creazione, - il Diavolo,- ora deve riparare al danno provvedendo un mezzo tramite cui alcune di queste creature possano essere salvate. Essi considerano la lotta passata e presente tra il bene e il male, come una corsa tra Dio e il Diavolo, in cui, alla lunga, il Diavolo ha avuto finora maggiore successo. Loro comunque sperano e confidano, che prima che finiscano tutte le cose, il numero dei salvati sarà maggiore di quelli persi: e così Dio, anche senza alcun piano, vien fuori come un conquistatore.
Ma, amici cristiani, Colui che ha voluto rimproverare un uomo per aver costruito una torre senza prima calcolare il costo, edificherà e popolerà un mondo senza conteggiare il costo? No, davvero; Dio ha, e ha sempre avuto, un piano – un proposito; e il suo proposito si realizzerà. Egli “opera tutte le cose secondo il consiglio della propria volontà”.
Non solo questo è vero, ma Egli ha rivelato il suo piano negli “Scritti sacri, i quali possono renderti savio” e ci ha dato il suo spirito santo per illuminare  la nostra comprensione “affinché conosciamo le cose che ci sono state donate da Dio” (1 Cor. 2:12). Queste cose, né il mondo né i cristiani con una mente carnale sono in grado di vedere (v. 14); sono rivelate dallo spirito in risposta a una diligente ricerca. “Figliuol mio, se ricevi le mie parole e serbi con cura i miei comandamenti, prestando orecchio alla sapienza e inclinando il cuore all’intelligenza; sì, se chiami il discernimento e rivolgi la tua voce all’intelligenza, se la cerchi come l’argento e ti dai a scavarla come un tesoro, Allora intenderai il timor dell’Eterno, e troverai la conoscenza di Dio”. Quando lo spirito sarà venuto, vi guiderà in tutta la verità.
Lo spirito fa questo, come abbiamo visto, per mezzo della Parola, la lampada. Ma la parola di Dio, la Bibbia, è una rivelazione non intesa semplicemente per un decennio o per un secolo; ma per le circostanze del suo popolo, in ogni tempo e in tutte le epoche. Ci è continuamente rivelata qualche nuova, fresca bellezza, di cui solo qualche attimo prima neanche ci sognavamo. Ciò accade a causa del continuo svelamento della verità, quando diventa “cibo a suo tempo” per la “famiglia della fede”; con un’altra illustrazione la stessa parola è comparata a una “lampada ai nostri piedi”; perché “il sentiero dei giusti è come la luce che spunta e va sempre più risplendendo, finché sia giorno perfetto”. Risplendeva in una certa misura ai giorni di Enoch, e da allora ha continuato a crescere: non che la luce di ieri sia ora tenebre; ma, c’è molta più luce oggi, con la quale possiamo meglio apprezzare quella di ieri.
Abbiamo, come chiesa, tutta la luce ora? Certamente no; né l’avremo fino al giorno perfetto. Mentre ricordiamo, allora, che

“Dio si muove in un modo misterioso
Per adempiere le sue meraviglie”

dovremmo essere pronti e prestare attenzione al più immediato barlume del prossimo svelamento della sua rivelazione di sé stesso e del suo piano: ricordando che:

“I suoi propositi maturano rapidi
Schiudendosi ogni ora”
Vedremo ora che possiamo trovare il piano di Dio rivelato nella sua parola e che mediante quella stessa parola possiamo farci un’opinione dell’obiettivo del ritorno del nostro Signore.
Deponiamo un fondamento quindi, e chiediamoci se il piano è rivelato a tal punto che possiamo pienamente comprenderlo, e vedere la relazione che esiste fra i modi di agire di Dio nel passato e nel presente, oppure no: Noi crediamo che: Primo; Dio ha un proposito, o un piano. Secondo; che quel piano è basato sull’amore, poiché “Dio è amore”. – 1 Giov. 4:8.
Non vogliamo mettere da parte la giustizia di Dio; piuttosto vogliamo capire se il suo piano si accorda con la sua personalità – basata sull’Amore – perché Dio “non può rinnegare se stesso”.
La chiesa cristiana è pressappoco equamente divisa sulla questione dell’Elezione contro la Libera Grazia, o Calvinismo contro Arminianesimo; un piccolo numero, in proporzione, crede all’Universalismo o nella finale salvezza eterna di tutto il genere umano. Indubbiamente tutti coloro che sono familiari con le Scritture sanno che ognuna di queste posizioni è sostenuta da molte scritture; eppure, possono essere tutte vere? Non ci dovrebbe essere qualche collegamento che le armonizzi e le concili?  Certamente questo è il caso, poiché la Parola di Dio non è si e no. Prendiamo separatamente in esame le prime due, Calvinismo e Arminianesimo; la terza, l’Universalismo, è così recisamente contraddetta da molte dirette scritture, che la lasceremo da parte. E quello che abbiamo da proporre sulle prime due non è con l’intenzione di scagliarci contro alcuno dei “tralci della vera vite”; ma espressa con vigore, per richiamare speciale attenzione agli aspetti più sconvenienti di quelle dottrine, che i loro più valenti avvocati, concederanno, sono punti deboli.
Il Calvinismo di fatto dice: Dio è pienamente sapiente; Egli sapeva la fine già dall’inizio; Egli aveva un piano che consisteva nel salvare alcuni, non per alcun merito in loro, ma per sua sovrana scelta, così Egli elesse questi alla vita eterna, tutti gli altri alla morte eterna. Egli poteva agevolmente salvare tutti gli uomini, ma non ha voluto: Può farlo, ma non desidera che salvare solo alcuni.
L’Arminianesimo di fatto dice: Dio ama tutte le sue creature; la sua tenera misericordia è sopra tutte le sue opere. Egli fa quanto il più possibile per salvarli tutti, ma non ci riesce: solo alcuni, il “piccolo gregge”, riescono a salvarsi. Il peccato ha colto Dio di sorpresa, entrò nel mondo fin dal principio, e ha guadagnato un tale vantaggio che solo con l’aiuto dei suoi figli, Dio può infine uscirne vittorioso, anche che ci volessero epoche.
Come prima suggerito, tutte queste teorie, sebbene apparentemente agli antipodi, hanno alcune basi scritturali, e noi crediamo, quando appropriatamente combinate, essere in armonia l’una con l’altra.
Esamineremo ora la Bibbia: prima in un quadro scuro, poi in uno più luminoso. Troviamo che sebbene sia stata data poca luce riguardo alla salvezza dell’uomo e alla sua futura felicità al primo svelamento del piano, anche quel poco non fu dato al mondo in generale – alle masse – ma a pochi patriarchi, fra cui Enoch, Noè, Abraamo, Isacco, e Giacobbe. Questi erano quelli scelti – gli eletti – non solo in mezzo al mondo, ma anche in mezzo alle loro stesse famiglie, come è scritto: “Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù” [amato di meno]. Solo Isacco di fra tutti i figli di Abraamo era il figlio della promessa. Di Abraamo è scritto: “Te solo ho scelto di tutta la casa di tuo padre”.

Alla morte di Giacobbe, il principio dell’elezione cambia, ma il fatto rimane. Tutti i figli di Giacobbe sono d’ora in poi riconosciuti come rappresentanti di Dio, cioè la sua chiesa o popolo. In quel momento, sul suo letto di morte, il vecchio patriarca benedice ognuno dei suoi figli e dà a Giuda lo scettro – simbolo di nazionalità – dicendo: “Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone del comando di fra i suoi piedi, finché venga Shiloh”. Questo si adempì alla lettera. Quella tribù rappresentò l’intera nazione fin quando venne Cristo. A questa nazione Dio diede la Legge, con cui veniva simboleggiato il Vangelo. Quest’ombra della luce, la Legge, non fu data ad alcun altra nazione o popolo; era esclusivamente per Israele, poiché leggiamo: “Voi soli ho conosciuto fra tutte le famiglie della terra”. Definiamo perciò questo periodo l’età degli Ebrei o età della Legge.

CONTINUA ......

martedì 6 maggio 2014

"Un'Identità Distinta" - indice dei capitoli del volume uno

- Saggio Introduttivo di B. W. Schulz

- Il Mio Turno: di R. M. de Vienne

- CAPITOLO UNO: Lo Sviluppo di una Voce Religiosa (circa 1840-1869)
In questo capitolo si parla dell'arrivo delle famiglie Russell e Birney in America qualche anno dopo il 1840, ci sono brevi biografie di tutti i suoi familiari, le attività commerciali dei Russell e dei Birney (la famiglia della madre di Charles), il contesto sociale, storico e religioso di quegli anni negli Usa, dettagli dell'infanzia di C. T. Russell, le superstizioni religiose del tempo, il desiderio giovanile di divenire un missionario, le scuole che frequentò e la sua istruzione, la sua affiliazione religiosa con una Chiesa Congregazionalista, l'esposizione al pensiero millenarista in età adolescenziale, la sua predicazione con la YMCA (Associazione Giovanile Maschile Cristiana), la sua crisi di fede, il suo studio di religioni non cristiane, la sua immersione negli affari commerciali, e infine il suo risveglio religioso

- CAPITOLO DUE: Fra i Secondi Avventisti, Millenaristi, e Credenti della Age-to-Come: 1869-1874
Vengono chiarite le differenze fra le dottrine avventista, millenarista e Age-to-Come, ci sono le biografie di persone che C. T. Russell conobbe personalmente, vien detto qual era il loro pensiero religioso e in che modo influenzarono la formazione teologica di C. T. Russell tra il 1869 e il 1874 cioè: Jonas Wendell, George Darby Clowes, George W. Stetson, John T. Ongley, George W. Cherry. Si parla sia della classe biblica di Allegheny in cui Russell e i suoi amici studiavano le scritture che di una congregazione sita in Allegheny, chiarendo le differenze fra le due.

- CAPITOLO TRE: Fra i Secondi Avventisti, Millenaristi, e Credenti della Age-to-Come: 1874-1876
Gran parte di questo capitolo è dedicato a una biografia su George Storrs e sulla significativa influenza che ebbe sul pensiero religioso del giovane Charles, viene detto che cosa Russell accettò e cosa rifiutò. Ci sono altre biografie di persone e gruppi che in misura minore influenzarono il pensiero di Russell in quegli anni come ad esempio Eleazar L. Owen. Viene spiegato perchè Russell e la Watch Tower non traggono le loro origini dagli Avventisti del Settimo Giorno, dai Cristadelfiani, da William Miller, e da altri piccoli gruppi millenaristi

- CAPITOLO QUATTRO: Un’Identità Distinta
Viene esaminata la classe biblica di Allegheny, la sua composizione, in cosa credevano, cosa studiavano, come studiavano. Biografie di alcuni componenti: William Henry Conley (in seguito sarebbe diventato il primo presidente della Watch Tower Society), George D. Clowes. Vengono esaminate le loro credenze in merito alla fine dei tempi, la Seconda Probazione, Parousia e restituzione, Restaurazione degli ebrei nel favore divino, il mondo distrutto nel fuoco, battesimo, risurrezione, cronologia biblica e profezie, trinità (interessante che Russell rifiutasse il trinitarismo ancora prima che la classe biblica fosse formata), sul diavolo e i demoni, piramidologia, dottrine minori, la loro dichiarazione di fede, il loro senso di riscoprire verità bibliche e la percezione di stare diventando qualcosa di distinto dagli altri.

- CAPITOLO CINQUE: Conoscere i personaggi principali: l’ingresso di Russell nel movimento di Barbour
Viene esaminato la confluenza di Russel e della sua classe nel gruppo di Barbour, si prende in considerazione la dottrina del movimento Barbourita. Biografie, pensiero e influenza dei personaggi principali su Russell: John H. Paton, Benjamin W. Keith, Samuel H. Withington, Ira e Lizzie Allen, Avis, M. Hamlin, la loro estrazione sociale e la loro appartenenza alla classe media e istruita.

- CAPITOLO SEI: Barbour e Russell: Il Ministero Iniziale
La predicazione di Russell e Barbour, Peyton G. Bowman, le pubblicazioni del movimento Barbourita, scambio di idee fra i due gruppi, articoli del Bible Examiner scritti da Russell durante la sua aderenza al movimento Barbourita. La conferenza profetica di Rochester di febbraio 1877, opuscolo "Obiettivo e Maniera del Ritorno del nostro Signore", libro "I Tre Mondi", una predicazione continua, la predicazione in conferenze regionali, la predicazione a Pittsburgh, il messaggio che predicavano, I rapporti tra Storrs e Barbour e il rammarico di Storrs per l'adesione di Russel al movimento di Barbour, il costo in termini sociali per C. T. Russell della promulgazione delle sue idee.

- CAPITOLO SETTE: Russell e Barbour: I Risultati
Personaggi principali convertiti al movimento dalla predicazione e il loro ruolo nella teologia Watch Tower: Caleb Davies, William I. Mann, Charles Wesley e Emma Priscilla Buvinger, Joshua Tavender, John C. Sunderlin, Arthur P. Adams. Gran parte di questi personaggi confluirono poi nella Watch Tower scrivendovi articoli e dando il proprio contribuito alla sua teologia, erano persone istruite, due erano stati ecclesiastici della Chiesa Metodista, uno aveva un titolo universitario, uno era un rinomato oratore scrittore e medico, un'altra una scrittrice di talento. Non erano fanatici, ma dei credenti che trovarono nel 1877 quel sistema di credenze ragionevole e credibile. Tuttavia non erano ancora dottrinalmente uniti. Il processo di uniformità dottrinale ebbe il suo pieno compimento nel 1887.

- CAPITOLO OTTO: Le Conseguenze dell’Insuccesso
Le dichiarazioni di A. H. Macmillan nel suo libro "Fede in cammino", dubbi, un articolo di Russell sulle conseguenze del fallimento per l'attesa della traslazione nel 1878, il punto di vista di Keith, Withington e Adams, i preparativi per la collisione tra Russell e Barbour, il desiderio di Barbour di una teologia unificata e la sua esposizione della dottrina del riscatto e dell'espiazione, il dibattito sul riscatto e l'intervento di Paton, la Conferenza Profetica del novembre 1878 e l'emergere di tutte le differenze, la reazione di Barbour, la posizione di Hugh B. Rice. L'idea di una nuova rivista

- IL PROSSIMO VOLUME
Anticipazioni sul volume due che tratterà il periodo 1879-1887

- APPENDICE UNO: Russell e la Massoneria
Bruce W. Schulz, risponde alle accuse di massoneria rivolte a Russell. Con un approccio storico.

- APPENDICE DUE: Articoli Chiave sul Riscatto e L’Espiazione tratti dall’Araldo del Mattino

lunedì 21 aprile 2014

I SEI SERMONI - George Storrs 1856

QUARTO SERMONE

N. B. - Questa è solo la parte iniziale del quarto sermone. La traduzione completa del SEI SERMONI è disponibile sul sito di AZZURRA 7 Editrice


“Accertatevi di ogni cosa; attenetevi a ciò che è eccellente”. – 1 Tess. 5:21.

Accertarsi, nel senso dato dal versetto e secondo la mia opinione, significa dimostrare, mettere alla prova. L’apostolo era molto lontano dall’adottare la teoria di alcuni dei nostri giorni, che sembrano pensare che un uomo è evidentemente un eretico se ha la presunzione di esaminare per conto proprio e con riguardo alla verità quelle teorie che altri che hanno la reputazione di essere saggi e religiosi, hanno battezzato come autentica fede. Essi possono aver visto la fede chiaramente oppure no, ma in ambedue i casi non siamo esentati dall’obbligo di accertarci personalmente di ogni cosa. Se non lo facessimo saremmo quasi degli stupidi; noi stessi in realtà ci renderemmo in quel modo, se senza investigazione, prendessimo per verità le opinioni di uomini imperfetti. 

In realtà non dovremmo disprezzare l’aiuto durante le nostre investigazioni; ma ogni cosa dev’essere messa alla prova dell’infallibile parola di Dio.

Né dobbiamo permettere a noi stessi, come invece alcuni affermano, di esercitare fede cieca in una dottrina nonostante che essa sia contraria alla ragione. La ragione, è vero, senza un aiuto non può farci scoprire Dio, né le cose di Dio. Per questo motivo Dio ha avuto piacere di darci una rivelazione; e quella rivelazione va in soccorso della ragione dell’uomo, cioè lo aiuta a comprendere.
Parlare di una credenza che è contraria alla ragione, è la più completa follia. È possibile per un uomo credere che due più due faccia sei? O che cose ineguali siano perfettamente uguali? Proporre queste assurdità come credenze significa tentare di annullare tutte le prove di verità, e lasciare un uomo a girovagare nei labirinti delle congetture. Noi a stento sapremmo a chi mostrare pietà, se all’uomo che opera in tal modo, o a coloro che ne sono ingannati.

Il fatto è che Dio fa appello alla ragione umana. “Venite, ora, e mettiamo le cose a posto fra noi, dice Geova”. I discepoli conversavano e ragionavano fra di loro. (Luca 24:15) In Atti 17:2 ci vien detto che: “Paolo entrò da loro e per tre sabati ragionò con loro attingendo dalle Scritture” e in Atti 18:4 leggiamo: “Ogni sabato pronunciava un discorso nella sinagoga e persuadeva giudei e greci”. Davanti al procuratore romano Felice, Paolo ragionò  con lui finché si spaventò.

Possiamo quindi essere certi che Dio ci ha dato la capacità di ragionare affinché ne facessimo uso, e ci vien raccomandato di essere pronti a dare una ragione della speranza che è in noi.

Ci possono essere molte verità che la ragione da sola non può mai scoprire; da ciò la necessità di una rivelazione; ma la rivelazione non può contenere nulla che sia contrario alla ragione; una cosa contraria alla ragione, lo ripeto, non sarebbe per nulla una rivelazione, ma tenebre e oscurità essa stessa. La ragione quindi occupa un posto importante. È sua competenza giudicare la veracità di ciò che vien dichiarato essere una rivelazione; se quella pretesa rivelazione è palesemente contraria alla ragione, nessun uomo potrebbe dargli credito se non uno completamente fanatico. Ma sarebbe un confondere la verità con la falsità e si porterebbe via tutta la capacità di distinguere fra le due cose.